"Sculture d’artificio": una pubblicazione di Virtus Zallot

21.10.2013 09:47

Altari barocchi

Straordinario viaggio nella scultura lignea dell’alta Vallecamonica

di Eugenio Fontana

Se uno volesse sapere che cosa è, che cosa fa e a che cosa serve il Distretto Culturale di Valle Camonica, sarebbe più che sufficiente che prendesse in mano il libro di Virtus Zallot, Sculture d’artificio, la cui pubblicazione si iscrive tra le tante iniziative promosse appunto dal citato Distretto. Del quale bisognerà subito dire che esso ha il suo presidente nella persona di Simona Ferrarini, vicesindaco di Breno e assessore alla cultura in Comunità Montana: Simona Ferrarini è la mente, il cuore, insomma l’irruente, creativa, lungimirante forza creatrice, Nella persona di Sergio Cotti Piccinelli si incarna l’attento ed intelligente coordinatore ed esecutore.

Nella nostra Valle si pubblica di tutto e di più: di storia, di arte, di folclore, di cucina, per non dire di scrittori-narratori che fioriscono come le primule a primavera. Naturalmente il panorama è vasto e vario. Ce n’è per tutti i gusti.

E chi, soddisfatta la prima curiosità, volesse davvero gustare le meraviglie, le “visioni” (per dirla con E.  Gombrich) della scultura lignea che specialmente adorna gli altari delle chiese dell’alta Vallecamonica, ora ha a disposizione uno strumento eccezionale, il libro di Virtus Zallot (Compagnia della Stampa, Massetti Rodella Editori, Roccafranca, 2013), del quale non si può che dir bene per molte ragioni.

Il nuovo corso dell’architettura

La prima ragione che riguarda anche la prima parte del libro è data dall’attenzione dedicata all’architettura delle chiese dopo il Concilio di Trento, con particolare attenzione alle Instrutionum fabricae di Carlo Borromeo. Il fenomeno delle nuove parrocchiali camune (così acutamente indagato da Gabriella Ferri Piccaluga) prende avvio nel Seicento per esplodere nel Settecento, secolo che ci regala edifici sacri  di assoluta sapienza architettonica. Al rinnovamento edilizio si accompagna il rinnovamento artistico nei campi della pittura e della scultura chiamate ad interpretare non solo le riforme liturgiche tridentine ma anche a dare un volto alla nuova pietà, arricchendo e non di poco il repertorio delle immagini sacre in forte espansione con il diffondersi del culto delle reliquie e dunque dei santi.

Ebbene dentro questo contesto nell’alta Vallecamonica si registra un fenomeno più unico che raro: si può dire che da Cedegolo in su non vi sia chiesa che non abbia affidato agli scultori del legno da Giuseppe Bulgarini, a Giovanni Battista Zotti, a Giuseppe Piccini e soprattutto alla bottega dei Ramus la realizzazione di quel complesso molto articolato che l’Autrice chiama «altare barocco» e che si compone di un paliotto, di una tribuna, di una custodia eucaristica, di un tabernacolo e di un’ancona o soasa racchiudente la pala. Si veda in proposito a pagina 21 la descrizione e la spiegazione visiva degli elementi che vanno a comporre l’altar maggior (ma il discorso vale anche per gli altari laterali).

Il “caso” della’alta Vallecamonica

Se le prime sessanta pagine nel libro della Zallot sono una introduzione al tema specifico, una introduzione che non tralascia nemmeno utilissime informazioni sulla tecnica messa in atto nella lavorazione del legno, dalla preparazione all’indoratura, la seconda parte è tutta dedicata alla descrizione storico-critica degli altari delle parrocchiali di Cedegolo, Novelle di Sellero, Berzo, Edolo, Vico, Cortenedolo, Monno, Incudine, Vezza d’Oglio, Stadolina, Vione, Cané, Temù, Lacenù. Pontagna, Poia, Precasaglio e Ponte di Legno. Di ogni altare si dà una descrizione particolareggiata, con l’aggiunta di utilissime “finestre” sui soggetti iconografici e in particolare sulla teoria dei santi che affollano lateralmente o in un moto ascensionale la complessa “macchina” dell’altare. E forse qui, in queste “finestre” sta il pregio maggiore della appassionata e precisa ricerca della Zallot. Perché non sarà stato né facile né semplice dare un nome alle tante statue e statuette che occupano ogni spazio vuoto dell’ancona, se si pensa alle condizioni di visibilità oggettiva. Anche Giovanni Vezzoli e Pier Virgilio Begni Redona agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso avevano affrontato il tema nel libro Sculture lignee in Valle Camonica. E fu e rimane quel libro, dopo un saggio di don Sina del 1944 sui Ramus di Edolo-Mù, una tappa fondamentale nello studio della materia. Virtus Zallot è andata oltre, talvolta correggendo una data, tal altra modificando un’attribuzione (come nel caso della soasa di Ponte di Legno), ma soprattutto dandoci di ogni manufatto l’indicazione precisa dei soggetti iconografici raffigurati: come abbia fatto è un mistero. Ma ci è riuscita, donandoci così un volume - per riprendere le parole introduttive di Simona Ferrarini - «rivolto ai visitatori che cercano la storia e l’arte, ai fedeli che spesso non guardano i tesori davanti a cui si raccolgono in preghiera, a coloro che apprezzano la bellezza densa di spiritualità e fede.»

A questo punto, c’è solo da aggiungere che il libro è corredato da un ottimo apparato fotografico realizzato da Emanuel Montini e Giorgio Azzoni.

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