Sonico, 2 maggio 2015. Giacomo Mottinelli: la pietra e il ricordo

06.05.2015 12:07

La memoria che affonda negli anni della Resistenza è fatta anche di cose che con le vicende partigiane c’entrano poco, o marginalmente. Anzi, forse neppure con la guerra in sé può c’entrare la storia di Giacomo Mottinelli, classe 1927, di Sonico, morto di stenti a Gusen-Mauthausen, a soli diciott’anni,  in una di quelle simili, eppur diversissime fra loro, fabbriche di morte e di orrore. La sua, le milioni come la sua, sono faccende che forse c’entrano solo con quella che in attesa di miglior collocazione continuiamo a chiamare “follia”, ben sapendo che di altro e di più spaventoso e indecifrabile si tratta. Perché se pur nella loro assurdità vi sono anche cose comprensibili nei fatti d’arme che trascinano colpevoli e innocenti insieme, nello sterminio sistematico degli esseri umani di comprensibile non potrà mai esserci nulla. Il saperlo, però, almeno fa pensare.

Sabato 2 maggio scorso, nel settantesimo della sua morte, è stata posata, a Garda di Sonico, in via Foscolo 1, la “Pietra d’inciampo” alla memoria dell’unico deportato sonicese in un campo di sterminio. Le Pietre d'inciampo sono l’idea dell’artista tedesco Gunter Demnig  di porre sulle strade d’Europa la memoria tangibile delle vittime dei campi di sterminio nazisti, incorporando nel selciato davanti alle case di quegli sventurati dei blocchi di pietra muniti di una piastra in ottone con il nome, e le date di deportazione e di morte.

Giacomo Mottinelli fu catturato dai tedeschi ancora diciassettenne un pomeriggio di settembre del 1944, poco fuori la polveriera di Sonico. Giovanissimo dunque, ma con già una scelta di avvicinamento alla 54ma Brigata Garibaldi, pensiamo agli inizi, data l’età.

La sua sorte fu conosciuta solo dopo. Trasferito dapprima a Bolzano, il 4 febbraio 1945 fu caricato sul treno per Mauthausen.  Il "deportato Giacomo Mottinelli - matricola 126304 - professione scalpellino», morì il 4 maggio successivo, di fame e fatica, il giorno prima che gli Alleati liberassero il campo. Da pochi giorni l’Italia aveva messo fine al fascismo. Anche questi “ultimi minuti” concorrono a gonfiare di rimpianti il ricordo posto sulla bilancia impietosa della sorte, e certo non poco avranno pesato sui suoi cari, che a lungo sopravvissero con la ferita di quel dramma iniziato nel modo più subdolo e terribile: inaspettatamente, col silenzio, e il non ritorno a casa, quella sera, del ragazzo.  Loro poi ad aspettarlo per tutta la vita, forse anche dopo la certezza di una morte che per molti anni rimase scritta solo sulle carte. Chissà.

Le sue ceneri tornarono a Garda solo il 18 agosto 2011, grazie al nipote Ivano Pedersoli. Il comune, a breve, intitolerà a Giacomo la locale Scuola Primaria.

Pierangelo Benetollo

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